Sono di recente pubblicazione i dati relativi all’andamento della mediazione introdotta con il d.l. numero 28/2010. In particolare, i dati statistici relativi al periodo compreso tra il 21 marzo e il 30 giugno 2011 con pubblicazione a far data dal 4 agosto, dimostrano un trend in netta crescita (28%) rispetto al primo mese di analisi. Nello specifico per dare un’idea, si è passati dalle 5000 istanze di aprile, alle oltre 7300 di fine giugno. Un ulteriore dato di assoluto rilievo è dato dalle percentuali di successo. Allorquando la parte “chiamata in mediazione” si presenta aderendo così all’invito (qui, purtroppo, allo stato attuale, i dati calano sensibilmente al 27 %), la percentuale di successo della procedura è elevatissima: nel 58, quasi 59 % dei casi la mediazione riesce a chiudersi con una conciliazione, evitando così il successivo contenzioso in Tribunale. Ancora va aggiunto un ulteriore dato eloquente: in oltre l’80 % dei casi, la parte accede in mediazione con l’assistenza del proprio avvocato. I dati di cui sopra impongono alcune brevissime considerazioni, partendo proprio dall’ultimo riportato: va esorcizzato il timore percepito nell’intera classe forense all’indomani dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà della mediazione, di perdere le “redini” del cliente; quest’ultimo, ossia il cliente, percepisce lo “scontro” e il “contenzioso” in atto con la controparte e non già la “sede” in cui tale scontro può essere risolto in via amichevole ovvero giudiziale con la conseguenza che vorrà sempre tutelarsi con il proprio avvocato di fiducia al seguito. In secondo luogo, il trend in crescita è dovuto certamente al fattore “obbligatorietà”, ma ciò innegabilmente ha comportato un innesto culturale nel sistema del litigation, tale per cui la parte che ha “sperimentato” (perché obbligatoria) l’effetto positivo di una conciliazione, innegabilmente tenderà a ripercorrere la strada medesima, anche per altre eventuali controversie non vincolate dal regime coattivo. Il terzo ma non meno importante aspetto è rappresentato dalle percentuali di “adesione” (27 %) dei soggetti convenuti. Anche tale dato è sintomatico del fatto che, probabilmente, il legislatore avrebbe potuto intervenire con maggior rigore sugli effetti di una mancata adesione alla procedura obbligatoria, ma tant’è. In ogni caso, anche tale percentuale tenderà ad aumentare, in proporzione allo sviluppo della cultura a.d.r. in Italia e al buon lavoro di avvocati esperti in mediazione ed enti di mediazione stessi che, tramite i propri case manager, implementano il ricorso alle procedure con opere di persuasione e convincimento (tipiche dell’arte del buon “negoziare”) nei confronti delle parti chiamate.