In questo articolo, intendiamo esaminare i primi aspetti pratici e problematici che si pongono all’attenzinone dei professionisti e non, a fronte dell’intervenuta abrogazione delle tariffe professionali, giusto il disposto di cui all’articolo 9 del d.l. 1/2012.
Se in alcuni Tribunali sono in procinto incontri e riunioni tra giudici e avvocati per definire usi e prassi virtuose per ovviare all’intervenuta abrogazione delle tariffe onde evitare possibili paralisi dei procedimenti, in altri (es. corte d’appello e tribunale di Milano) si è già statuita l’ultrattività di fatto delle tariffe in vigore sino a pochi giorni fa, che potranno essere mutuate quali “criteri di riferimento” almeno sino all’avvento di nuovi criteri certi e definiti e per evitare l’inceppamento di procedure sommarie (sfratti / decreti ingiuntivi / precetti) che scontano fin dal loro naturale esordio una liquidazione o indicazione anticipata delle spese.
In altri Tribunali, invece, si scelgono regimi intermedi, con l’applicazione delle vecchie tariffe ai procedimenti depositati e/o in corso alla data di entrata in vigore del decreto, mentre per i nuovi, in caso di liquidazione delle spese da parte del giudice, si è ritenuto che l’assenza dei parametri ministeriali ex art. 9 c. 2 D.L. 1/12 possa essere colmata prendendo come riferimento le vecchie tariffe, seppur adeguate negli importi.
Il Tribunale di Cosenza, allo stato attuale risulta l’unico ad avere già investito la Consulta della questione di costituzionalità dell’art. 9 in esame in quanto, in sede di condanna di una parte al pagamento delle spese processuali, non ha rinvenuto alcuna disciplina, nemmeno transitoria che gli consentisse di liquidare le spese, secondo il disposto di cui all’art. 91 c.p.c. ritenendo invero non ultrattive le tariffe già, di fatto, abrogate.
Le principali problematiche applicative si pongono per tutti quei procedimenti, in effetti, ove l’indicazione delle competenze e spese venga effettutato all’esordio (decreto ingiuntivo / precetto). In particolare, la questione emerge in tutta la sua evidenza in sede di redazione dell’atto di precetto, che davvero risente molto dell’intervenuta abrogazione.
Come e quali spese specificare in un atto di precetto ? Una soluzione potrebbe essere quella di allegare all’atto il preventivo richiesto ex art. 9 comma 3 del decreto.
Tuttavia, deve essere precisato che il Ministero di Giustizia pare essersi avveduto della problematica qui in esame, allorché, intervenendo a seguito di interrogazione parlamentare, ha precisato che a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 9, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, “non si è venuto a creare alcun vuoto normativo“.
Secondo il Ministero, infatti, l’art. 2233 c.c. stabilisce che il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe:
1) viene determinato in base agli usi; 2) in mancanza di usi è determinato dal giudice – sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene – in misura adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
In base a tali disposizioni, secondo l’interpretazione fornita dal Ministero si potrebbe delineare una sorta di uso normativo (nazionale, o distrettuale per le varie sedi di Corte d’Appello) fondato sulla spontanea applicazione dei criteri di liquidazione del compenso già previsti dalle tariffe abrogate, nella convinzione della loro persistente vincolatività fino a quando non saranno adottati i decreti ministeriali previsti dall’articolo 9, comma 2, del decreto-legge.
In mancanza di usi normativi, il giudice potrà, comunque, liquidare il compenso in base al criterio residuale previsto dall’articolo 2233 del codice civile e, in tal caso, l’applicazione delle tariffe abrogate dal decreto legge n. 1 del 2012 potrebbe venire in rilievo come criterio equitativo per valutare l’adeguatezza del compenso all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
A tal riguardo, tuttavia, va ribadito che oggigiorno un uso specifico non sussiste ed anzi, affinché si possa consolidare un “uso normativo”, sono essenziali due requisiti: uno di tipo oggettivo (ripetizione costante nel tempo di un comportamento da parte di un numero indifferenziato di persone) ed uno di tipo soggettivo (convinzione che quel dato comportamento sia vincolante – opinio iuris ac (seu) necessitatis).
Nella soluzione prospettata dal Ministero, l’applicazione degli usi non sarebbe possibile poiché difetterebbero entrambi i requisiti testé descritti. In buona sostanza, se chi scrive dovesse redigere ora, un atto di precetto, non potrebbe fondarsi sul alcun tipo di uso normativo, nel senso disciplinato e sopra descritto.
La previsione di indicare le spese contenute nel preventivo pare invece in linea con le indicazioni del legislatore che, disciplinando il preventivo, ha ritenuto che il professionista, in ogni caso, nella determinazione della misura del compenso, deve adeguare la prestazione all’importanza dell’opera e questa “… va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi”.
In questa complessa congerie di interpretazioni, un punto di chiarezza pare averlo posto il Tribunale di Verona che in tempi “record”, ha emanato una circolare interpretativa del seguente tenore: per i procedimenti anteriori all’entrata in vigore del decreto, continuerebbero ad applicarsi le tariffe abrogate, giusto il combinato disposto degli artt. 91 c.p.c. e 75 disp. att. c.p.c. Per i decreti ingiuntivi e di convalida di sfratto successivi all’abrogazione delle tariffe, sarebbero tuttora applicabili in attesa dei decreti ministeriali attuativi, i criteri di cui alle tabelle medesime quali “usi in senso lato consacrati”. Per gli atti di precetto si ipotizzano i seguenti criteri o ipotesi alternative: attesa dell’emanazione dei D.M. Richiesta di capitale, interessi e spese, con aggiunta della dizione per cui ci saranno “da aggiungere i compensi da determinarsi sulla base delle emanande tabelle e parametri ministeriali”. Ovvero, infine, si indicano i compensi in forza delle attuali tariffe, “con riserva espressa di adeguamento una volta emanati i parametri ministeriali”.