Il tema relativo all’installazione dei ripetitori per la telefonia mobile è molto dibattuto ed infuriano le polemiche in molti comuni italiani, non ultimi certo, Bologna ed anche Imola. Per Imola, in particolare, proprio in questi giorni si sta discutendo in ordine all’individuazione di nuovi siti per l’installazione di “antenne”.
A tale proposito, si segnala un’interessante sentenza del Tar Sicilia (consultabile al presente link) che nel panorama giurisprudenziale assai variegato, in ordine ai potenziali danni alla salute correlati alle frequenze elettromagnetiche emesse dagli impianti, affronta il tema sotto il diverso profilo delle necessarie autorizzazioni comunali.
Vi si afferma, in particolare, “che a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 259 del 2003, recepito nella Regione Siciliana con l’art. 103 della L.R. 28 dicembre 2004, n. 17, le valutazioni urbanistiche edilizie sono assorbite nel procedimento delineato dall’art. 87 che prevede un unico procedimento autorizzatorio per l’installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica. Procedimento che è finalizzato a garantire, tramite procedure tempestive e semplificate, la parità delle condizioni concorrenziali fra i diversi gestori nella realizzazione delle proprie reti di comunicazione sul territorio nazionale, nonché la osservanza di livelli uniformi di compatibilità ambientale delle emissioni radioelettriche, stante che l’intento perseguito dal legislatore comunitario e da quello nazionale è quello di consentire l’installazione di stazioni radio base in forza di un unico provvedimento autorizzatorio, che deve essere rilasciato sulla base di un procedimento unitario, nel contesto del quale devono essere fatte confluire le valutazioni sia di tipo ambientale che di tipo urbanistico (cfr. Corte Costituzionale, 28 marzo 2006, n. 129; 6 luglio 2006, n. 265)”.
La sentenza, prosegue considerando il fatto che “in presenza della specifica previsione di cui all’art. 86 del D.Lgs. n. 259 del 2003, il quale assimila, ad ogni effetto, le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, ed in assenza di specifiche previsioni, deve ritenersi che gli impianti di telefonia mobile non possano essere assimilati alle normali costruzioni edilizie e, pertanto, la loro realizzazione non sia soggetta a prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti, le quali si riferiscono a tipologie di opere diverse e sono state elaborate con riferimento a possibilità di diverso utilizzo del territorio, nell’inconsapevolezza del fenomeno della telefonia mobile e, più in generale, dell’inquinamento elettromagnetico. Conseguentemente, il titolo autorizzatorio non può essere negato se non avuto riguardo ad una specifica disciplina conformativa, che prenda in considerazione le reti infrastrutturali tecnologiche necessarie per il funzionamento del servizio pubblico (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2003, n. 7725; TAR Campania, sez. I, 13 febbraio 2002, n. 983, 20 dicembre 2004, n. 14908)“.
Quindi in sostanza, “come si è già statuito in fattispecie analoga, con sentenza n. 9/08 del 09/01/08 – ancorché il Comune mantenga intatte le proprie competenze in materia di governo del territorio, queste tuttavia, per espressa valutazione legislativa, non possono interferire con quelle relative alla installazione delle reti di telecomunicazione e, in particolare, non possono determinare vincoli e limiti così stringenti da concretizzarsi in un divieto di carattere pressoché generalizzato (e senza prevedere alcuna possibile localizzazione alternativa), in contrasto con le esigenze tecniche necessarie a consentire la realizzazione effettiva della rete di telefonia cellulare che assicuri la copertura del servizio nell’intero nel territorio comunale”.
Il che, tradotto, significa in sostanza che il Comune non può, mediante il formale uso degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure in deroga rispetto ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare stazioni radio – base per telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino (cfr. anche, in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6994; TAR Sicilia – PA – Sez. I, T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 06 aprile 2009 , n. 661), essendo, tali misure normative, non già previste e fissate per la tutela od il governo del territorio, quanto invero per la tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo e si trasformano, sol per ciò, in una misura surrettizia finalizzata alla tutela della popolazione da immissioni radioelettriche che l’art. 4 della L. n. 36 del 2000 riserva allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute (in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, IV, 3 giugno 2002, n. 3095, 20 dicembre 2002, n. 7274, 14 febbraio 2005, n. 450, 5 agosto 2005, n. 4159; sez. VI, 1 aprile 2003, n. 1226, 30 maggio 2003, n. 2997, 30 luglio 2003, n. 4391; 26 agosto 2003, n. 4841, 15 giugno 2006, n. 3534).
Nel caso di specie, come in molte altre fattispecie analoghe, il ricorso è stato rigettato, segno evidente della debolezza di tutela del cittadino privato, di fronte alla pubblica amministrazione avanti ai Tribunali Amministrativi, laddove si affrontano le tematiche specifiche in ordine alla corretta applicazione delle norme e principi regolamentari e non, nello specifico, agli eventuali danni alla salute e/o patrimoniali che possano conseguire all’installazione (e conseguente esposizione) delle persone alle emissioni degli impianti.
Se il danno alla salute, quale effetto eziologicamente connesso all’esposizione alle onde elettromagnetiche, ancora oggi, rappresenta questione tutt’altro che pacifica, ma assai controversa e dibattuta in campo scientifico prima ancora che giuridico, di certo vi è un dato indiscutibile: chi mai, acquisterebbe un immobile collocato dinnanzi ad un ripetitore telefonico che prima non c’era ? Ergo, la svalutazione patrimoniale del bene, rappresenta un fattore pressoché automatico da tenere in considerazione e che già in passato, alcuni giudici (qui l’articolo e il link) avevano evidentemente tenuto in debita considerazione.
articolo postato da avv. Filippo Martini