Ci doveva pensare il Tribunale di Milano, con due distinti decreti, a rimettere le cose a posto, dopo che quello di Grosseto con l’ordinanza 9 aprile 2014 aveva testualmente “ordinato” all’Ufficiale di Stato Civile del medesimo Comune la trascrizione di un matrimonio tra omosessuali celebrato nello stato di New York … con buona pace di Montesquieu, Tocqueville e del sacrosanto principio della tripartizione e divisione dei poteri legislativo – esecutivo – giudiziario. Ci mancava, in effetti, solo il giudice toscano che giocava a sostituirsi al legislatore e poi le avevamo viste davvero tutte in Italia. Sul punto rimando alla lettura di un interessante articolo del presidente dell’associazione Giuristi per la Vita, che pone in evidenza come in periodi come questo, una legge sulla responsabilità civile dei magistrati sarebbe quanto mai opportuna.
[/vc_column_text]Come dicevamo, il Tribunale di Grosseto aveva sostanzialmente sancito e ordinato la trascrizione di tale matrimonio, sull’onda emotiva di una sentenza (Cass. n. 4184/12) che a suo dire avrebbe riconosciuto “sia pure non esplicitamente, nella seconda parte della motivazione … che il diritto al matrimonio riconosciuto dall’art. 12 della CEDU ha acquisito un nuovo e più ampio contenuto, inclusivo anche del matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso“. Quindi, secondo il giudice toscano, non sarebbe contraria all’ordine pubblico la trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e tanto basterebbe. Con buona pace di settant’anni di Costituzione Italiana.
[/vc_toggle]Altro che ordine pubblico e richiami parziali e affatto esaustivi alle pronunce della Cassazione e della Cedu. Il Tribunale di Grosseto, nel malcelato tentativo di scrivere una sentenza “creativa”, non si è nemmeno sforzato troppo e ha così partorito un provvedimento assolutamente privo di alcun pregio giuridico che tanta eco ha fatto solamente per il grande chiasso che in questo paese si leva ogni qualvolta taluno si propugna difensore “dei diritti” (sì perché oggi non ci sarebbe più il “diritto”, ma “i diritti”, ossia ognuno fa come crede e vuole). Il Tribunale di Grosseto, richiama Cassazione 4184/2012 ma dimentica che in quel caso specifico la Suprema Corte, non ha affatto negato la contrarietà all’ordine pubblico della trascrizione (che in effetti, ancora una volta, era stata proibita) ma si è semplicemente sganciata dall’orientamento pregresso dominante, relativo alla sancita “inesistenza” giuridica del matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero. Ma da qui, a volerne trarre le conseguenze automatiche dell’ammissibile trascrizione in Italia per asserito non contrasto all’ordine pubblico, ce ne passa. Il giudice grossetano afferma che “agli artt. da 84 a 88 del codice civile non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio“. Il che, rappresenta eufemisticamente una chiara forzatura, ove si contempli il fatto che la diversità di sesso è considerata requisito minimo indispensabile per l’esistenza del matrimonio civile da innumerevoli pronunce di legittimità. Si tratta, inoltre di un principio implicito a fondamento dell’istituto, come emerge da diverse disposizioni quali, ad esempio, l’art. 107 c.c., che parla di marito e moglie, o l’art. 5 della legge sul Divorzio, ancora, l’art. 9 l. n. 74 del 1987 dove il legislatore nel riferirsi ai termini “moglie e marito” fa chiaramente riferimento ad una parte femminile e una parte maschile del rapporto. E che dire, peraltro, dell’art. 29 della Costituzione secondo il quale “il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi” il cui testo non avrebbe alcun senso e sarebbe un’automatica ripetizione dell’art. 3, se non si intendesse che trattasi di coniugi “maschio e femmina”.
Con due distinti decreti a firma di distinti estensori e datati rispettivamente 2 luglio 2014 e 17 luglio 2014, il Tribunale di Milano ha sancito in modo chiaro e categorico, che i c.d. “same-sex marriage” celebrati all’estero non sono trascrivibili nei registri dello Stato Civile. Nel primo dei due casi citati, addirittura, le parti avevano tentato di allegare la circostanza secondo cui uno dei due coniugi celebranti il matrimonio, in Argentina, aveva ottenuto la rettifica del proprio sesso anagrafico come previsto dalla legge argentina n. 26743 del 23.5.2012. Sostanzialmente, si ribadiscono principi che dovrebbero apparire ovvi, ossia che l’art. 10 comma 1 del dpr 396/2000 e 63 comma 3 suddetto dpr sanciscono il principio di tassatività degli atti registrabili. Si richiama poi, in modo completo e corretto a differenza del Tribunale di Grosseto, la sentenza 4184/2012 della Cassazione, che, richiamando a sua volta la pronuncia della Corte Cost. n. 138/2010 e i principio contenuti nella convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (artt. 8, 12, 14) nonché della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 9 Carta di Nizza) e delle pronunce della Corte Eurpea dei diritti dell’Uomo (in particolare sent. 24.6.2010 prima sezione caso Schalk e Kopf vs. Austria), afferma che nonostante l’arresto della Cassazione sopra citato, se può dirsi “superata” l’impostazione per cui sarebbe inesistente il “same – sex marriage” contratto all’estero, non può affatto dirsi affermato il diritto di persone dello stesso sesso a contrarre matrimonio in Italia, come diritto riconosciuto dalla Costituzione e dall’ordinamento Costituzionale.
La Corte Costituzionale nella pronuncia 138/2010 afferma “l’unione omosessuale intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia ottenendone, nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si deve escludere, tuttavia, che l’aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. È sufficiente l’esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversità delle scelte operate. Ne deriva, dunque, che, nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni”. Non solo, la Consulta esclude che l’art. 2 Cost. vincoli il legislatore a garantire il “diritto al matrimonio” o alla piena equiparazione tra “matrimonio” e “unioni omosessuali”.
Del resto, aggiungono i giudici meneghini, ad analoghe conclusioni si perviene esaminando la giurisprudenza della stessa CEDU che afferma, che pur derivando da tali disposizioni una più ampia accezione del diritto al matrimonio la garanzia del diritto ad un matrimonio siffatto è totalmente riservata al potere legislativo degli stati contraenti della Convenzione e/o membri dell’UE, precisando la stessa Corte Europea dei diritti dell’uomo nel caso specifico sottoposto a sua disamina che “l’art. 12 della Convenzione non faccia obbligo allo Stato convenuto nella specie, l’Austria di concedere l’accesso al matrimonio a una coppia omosessuale come i ricorrenti“. L’art. 12 garantisce il diritto di “sposarsi e di fondare una famiglia” ma (ed è il “ma” gravemente “dimenticato” dal tribunale di Grosseto), secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto. In modo analogo, l’art. 9 della Carta di Nizza riconosce il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia … ma afferma che tali diritti sono garantiti secondo leggi nazionali che ne disciplinino l’esercizio.
Quindi, in definitiva, l’atto non è trascrivibile in quanto (afferma il Tribunale di Milano) è inidoneo a produrre qualsivoglia effetto nell’ordinamento giuridico interno in mancanza di una normativa sul punto che, sia per l’ordinamento costituzionale interno e per l’ordinamento sovranazionale, è riservata in via esclusiva al Parlamento Nazionale.
Da ultimo, i giudici milanesi affermano che allo stato dell’arte, nel diritto interno l’unico matrimonio previsto e disciplinato è quello eterosessuale, “ferma la discrezionalità del parlamento nazionale di stabilire forme di tutela per le coppie di soggetti appartenenti allo stesso sesso, il che lo si ricava dalla recentissima pronuncia della Corte Costituzionale n. 170/2014 che, affrontando nuovamente la questione sia pure in relazione ad una fattispecie specifica diversa, ha ribadito le considerazioni esposte nella pronuncia n. 138/2010, affermando che allo stato per il diritto italiano, sia pure interpretato alla luce della Cedu e della Carta di Nizza, in ragione dell’art. 29 della Costituzione e della sua interpretazione consolidata alla luce della normativa primaria vigente il matrimonio continua ad avere quale presupposto la diversità di genere dei nubendi”.
[/vc_toggle]Viene così smascherata la palese illegittimità degli atti e provvedimenti con cui anche il Comune di Bologna all’indomani della sentenza del Tribunale di Grosseto, avrebbe voluto dare il via libera alla trascrizione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero. Tentativo questo, denunciato con un esposto diretto al Viminale e alla Prefettura di Bologna, dalla coraggiosa e combattiva consigliera in quota Ncd Valentina Castaldini.
Trattasi infatti, certamente, di provvedimenti gravemente illegittimi che si pongono in aperto contrasto non solo con la Costituzione Italiana ma anche con l’ordinamento sovranazionale e che implicano l’adozione di provvedimenti ed iniziative abnormi, da parte di soggetti amministrativi e locali del tutto incompetenti ratione materiae a farlo.
Il principio è chiarissimo: finché non interviene il legislatore non v’è surrogato che tenga e il matrimonio estero contratto tra persone dello stesso sesso non può essere trascritto e non produce alcun effetto giuridico nell’ordinamento italiano.
Tutti i vari Comuni che avrebbero pensato o voluto agire come Bologna (recentemente anche ad Imola e a Castel San Pietro se n’era parlato) sono avvisati.
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articolo postato da avv. Filippo Martini
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