In periodo di crisi, la direzione centrale normativa delle entrate adotta ogni strumento per scovare e tassare redditi. Anche “nuovi” redditi. Con la risoluzione interpretativa numero 113/E del 29 novembre 2011, facente seguito ad un interpello proposto dal Consiglio Nazionale Forense, l’agenzia delle entrate ha infatti previsto la tassazione dei proventi percepiti dagli enti di mediazione ex d.l. 28/2010 istituiti presso i vari consigli dell’ordine. Il quesito posto in sede di interpello era sostanzialmente finalizzato a comprendere il giusto inquadramento ai fini tributari (fini “Ires” ed “Iva”) dei proventi percepiti dai Consigli nello svolgimento dell’attività di mediazione. Secondo l’interpretazione fornita dal Consiglio Nazionale, detti proventi non sarebbero frutto di “attività commerciale” propriamente detta, in quanto l’attività perpetrata dall’organismo di mediazione “si confà pienamente all’attività istituzionale del Consiglio dell’Ordine trattandosi di un’attività di gestione di un procedimento stragiudiziale diretto alla ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia” ed inoltre “i mezzi ed il personale impiegato sono quelli propri del Consiglio dell’Ordine“. Per finire “l’attività svolta non viene direttamente dall’Organismo ma dal singolo mediatore“. Questi i punti centrali posti dal Consiglio Nazionale Forense a fondamento del proprio interpello. Senza invero calarci nelle polemiche insorte all’entrata in vigore del decreto 28 (non è un segreto, che vaste frange dell’avvocatura scioperarono all’epoca, che un organismo istituzionale dell’avvocatura abbia incardinato una sorta di “guerra” anche giudiziale avverso il nemico – mediazione, che si siano inscenate cause aventi ad oggetto restituzione di libri dati in comodato per dare adito alla rimessione dell’impianto normativo avanti alla Corte Costituzionale), vorremmo osservare che in effetti, con vera difficoltà e certamente per un nostro limite non cogliamo come l’attività di mediazione possa “del tutto essere confacente alla (addirittura) tipica attività istituzionale dei Consigli dell’Ordine”. Comunque, rimanendo ancorati ai fatti e non alle teorie o alle interpretazioni, quel che è certo è che l’agenzia delle entrate ha di fatto rigettato l’interpretazione fornita dal Consiglio preferendo invero inquadrare diversamente la fattispecie tributaria. In particolare, dopo un’ampio inquadramento della fattispecie impositiva Ires ed Iva, sotto i profili soggettivi ed oggettivi, nonché dell’attività di mediazione, la direzione perviene alla conclusione per cui i proventi percepiti dagli enti di mediazione, sia istituiti in dipartimento presso ed entro il singolo consiglio dell’ordine, sia istituiti tramite enti separati ed autonomi ma pur collegati al consiglio dell’ordine, rappresenterebbero proventi tassabili ai fini Ires ed Iva. Il che in termini pratici, traducendosi in maggiori poste passive (di tipo tributario) per i Consigli dell’Ordine, gravandone quindi i bilanci, potrebbe portare nel tempo (e forse anche a breve tempo, è lecito pensare, vista la già entrata in vigore del decreto 28/2010 e la prossima entrata in vigore della obbligatorietà in materia condominiale e infortunistica) un incremento degli oneri e delle tasse di iscrizione per gli avvocati iscritti. A titolo personale, per non gravare sul carico fiscale del mio consiglio (e temo, sulle mie tasche di iscritto), preferirei condurre i clienti, in mediazione, presso enti privati.